DOTT.SSA ROBERTA LA VELA
Logopedista-Vocologa-Osteopata D.O.
MILANO
Afasia
Cos'è | Cause | Caratteristiche |
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Forme cliniche | Epidemiologia | Disturbi associati |
Valutazione | Riabilitazione | Consigli |
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Cos'è l'afasia?
Fare una chiacchierata con un amico, chiedere un'informazione, scrivere un messaggio, leggere il giornale, utilizzare i social, sono attività che compiamo tutti i giorni, senza nessuno sforzo, quasi senza rendercene conto, ma che coinvolgono a 360° le nostre abilità linguistiche.
Queste funzioni, sviluppate a partire dai primi anni di vita, grazie agli stimoli linguistici offerti inizialmente dall'ambiente familiare e maturate e affinate nel tempo, all'interno del percorso scolastico, sono talvolta impossibili o realizzabili con estrema fatica, in pazienti che hanno acquisito un disturbo del linguaggio (afasia).
L'afasia, letteralmente assenza di linguaggio, provoca un’incapacità ad usare il linguaggio per cui la persona afasica non riesce ad esprimersi o a comprendere ciò che gli è detto. Spesso l’Afasia si associa ad una paralisi della metà destra del corpo ed ad altri sintomi, quali ad esempio deficit di attenzione o di memoria ed in genere di contatto con l’ambiente e le persone circostanti. Abbiamo tutti provato, quando si è all’estero, di non essere in grado di farci capire o comprendere quello che gli altri dicono. Anche nei paesi stranieri di cui conosciamo la lingua, la comunicazione con gli abitanti è spesso limitata, per cui, ad esempio, al ristorante non riusciamo ad ordinare la pietanza che vorremmo.
Le persone afasiche hanno un problema simile nella vita di ogni giorno, proprio perché hanno perso la capacità di accedere in modo rapido e funzionale al linguaggio. L’Afasia si può presentarsi in forme diverse, sia da un punto di vista quantitativo (gravità del deficit), che qualitativo, a seconda della sede e dell’estensione della lesione cerebrale. Altri fattori che possono rivestire un ruolo importante nel caratterizzare il quadro afasico sono la competenza linguistica e la personalità della persona afasica. Alcuni afasici non hanno difficoltà a comprendere il linguaggio, ma non riescono a trovare le parole per esprimersi e costruire delle frasi corrette. In altri casi invece, i pazienti hanno un linguaggio fluente ma difficile da comprendere a causa degli errori sia a livello di singole parole che di frasi; di solito in questi pazienti vi è un deficit di comprensione del linguaggio scritto e parlato. Nella maggior parte dei pazienti il quadro afasico si situa fra questi due estremi. Un punto importante: nella maggior parte dei casi i pazienti afasici mantengono intatta l’intelligenza e non devono essere confusi o trattati come dementi! è un disturbo acquisito del linguaggio causato da lesioni cerebrali (trombosi, emorragie, traumi cranici, tumori, encefaliti). Queste lesioni non alterano la loro intelligenza, o la loro capacità di provare sentimenti come chiunque altro. Esse impediscono però di utilizzare normalmente il linguaggio nelle attività comunicative di tutti i giorni.
Quasi sempre il quadro afasico tende a migliorare spontaneamente, anche se spesso il recupero non è mai completo. Tuttavia, attraverso l’impegno del paziente e l’aiuto della logopedia, si può avere un ulteriore miglioramento del deficit afasico.
Cause
La causa dell'afasia è una lesione cerebrale. Nella maggior parte dei casi l’Afasia è di origine vascolare: un’arteria cerebrale si occlude (trombosi arteriosa) o si fessura, con conseguente spargimento di sangue all’interno del cervello, causando quindi nel primo caso un danno ischemico, nel secondo emorragico o più semplicemente un ictus o apoplessia cerebrale (colpo apoplettico). In termini medici si parla di Cerebropatia (lesione cerebrale) di origine vascolare.
Più raramente l’Afasia è dovuta ad un trauma cranico (spesso nei giovani da incidente stradale) o ad un tumore cerebrale. Il cervello si nutre di ossigeno e zucchero che arrivano attraverso la circolazione arteriosa: se, in seguito ad un ictus si ha un’interruzione del flusso sanguigno, il tessuto cerebrale irrorato dall’arteria lesa ne soffre, talora in maniera irreversibile. All’interno del cervello esiste una specializzazione funzionale, per cui vi sono parti del cervello che svolgono funzioni specifiche. Ad esempio, nella grande maggioranza delle persone è nell’emisfero sinistro che sono poste le aree del linguaggio; l’Afasia è conseguenza quindi di una sofferenza di queste parti del cervello, solo raramente una lesione nella parte destra del cervello produce afasia.
Caratteristiche
L’afasia provoca disturbi più o meno gravi, a seconda della grandezza e sede della lesione, nel parlare, nel capire, nel leggere e nello scrivere. La vicinanza anatomica e gli stretti rapporti funzionali fanno sì che nella maggior parte dei casi l’afasia si manifesti come un disturbo di tutte le funzioni linguistiche, con diversi gradi di compromissione.
In alcune persone, le parole diventano difficili da trovare: a volte non vengono, o vengono al momento sbagliato.
In altre, le parole vengono fuori “storpiate”. In altre ancora, le parole sono relativamente semplici da trovare, ma non possono essere messe insieme in frasi grammaticalmente corrette. Vi sono persone in cui è compromessa la capacità di parlare, ed altre in cui è danneggiata la capacità di scrivere; analogamente, in alcuni casi è danneggiata la comprensione delle parole udite, in altri la comprensione delle parole lette.
Le cause dell’afasia possono regredire grazie all’intervento medico e il disturbo del linguaggio può migliorare in seguito al trattamento riabilitativo, ma è tuttavia molto frequente osservare una non completa remissione del disturbo.
A causa delle sue difficoltà comunicative, spesso la persona afasica “scompare” — non interagisce più con i propri cari, non si reinserisce nell’ambiente lavorativo, si esclude o viene esclusa dal proprio ambito sociale, spesso rinuncia di fatto ai propri diritti. In conseguenza di ciò, l’afasico rimane isolato nella sofferenza; vive solo in quanto individuo malato, e non più come una persona “intera”.
La perdita della capacità di comunicare normalmente con gli altri ha spesso gravi conseguenze sulla vita quotidiana a partire dall'autonomia della persona afasica (sia sul piano personale che su quello lavorativo) e dall’equilibrio sociale ed emotivo del suo ambiente.
La persona afasica ha bisogno di un supporto complesso, che non è solo medico, e deve venire da coloro che hanno con lui un rapporto professionale (medici, neuropsicologi, logopedisti, assistenti sociali), dalle persone che fanno parte del suo ambiente (familiari, amici, colleghi) o che a lei si dedicano per spirito di servizio (volontari). I primi hanno il compito di prestare le cure migliori e più aggiornate, mentre gli altri debbono garantire l’aiuto necessario nella vita di tutti i giorni. Lo scambio continuo di informazioni fra tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nell’assistenza alla persona afasica è fondamentale.
La persona afasica ed i suoi familiari devono essere informati sul particolare tipo di disturbo di cui l’afasico soffre, e del modo migliore per aiutarlo a superare le limitazioni comunicative e recuperare l’autosufficienza.
Oltre un secolo di esperienza con lo studio dell'afasia ci ha insegnato che particolari componenti del linguaggio possono essere particolarmente danneggiati in alcuni individui. Abbiamo anche imparato a riconoscere diversi tipi o modelli di afasia che corrispondono alla posizione della lesione cerebrale nel singolo caso.
Forme cliniche
Alcune delle varietà comuni di afasia sono:
- Afasia di Broca (non fluente)
- Altre
Afasia Globale
Questa è la forma più grave di afasia. Entrano in questa categoria, i pazienti che possono produrre poche parole riconoscibili ed hanno una comprensione della lingua parlata scarsa o assente.
Le persone con afasia globale non possono né leggere né scrivere. Come in altre forme più lievi di afasia, gli individui possono avere capacità intellettuali e cognitive completamente indipendenti dal linguaggio e dalla parola.
L'afasia globale è causata da lesioni a più aree del cervello che elaborano il linguaggio, comprese quelle note come aree di Wernicke e Broca. Queste aree del cervello sono particolarmente importanti per comprendere la lingua parlata, accedere al vocabolario, usare la grammatica e produrre parole e frasi. L'afasia globale può spesso essere vista immediatamente dopo che il paziente ha subito un ictus o un trauma cerebrale. I sintomi possono migliorare rapidamente nei primi mesi dopo l'ictus, se il danno non è stato troppo esteso. Tuttavia, con un danno cerebrale maggiore, può derivarne una disabilità grave e duratura.
Afasia di Broca
Gli individui con afasia di Broca hanno difficoltà a parlare fluentemente, ma la loro comprensione può essere relativamente preservata. Questo tipo di afasia è anche noto come afasia non fluente o espressiva. I pazienti hanno difficoltà a produrre frasi grammaticali e il loro linguaggio è limitato principalmente a brevi frasi di meno di quattro parole. Produrre i suoni giusti o trovare le parole giuste è spesso un processo laborioso. Alcune persone hanno più difficoltà a usare i verbi che a usare i nomi. Una persona con afasia di Broca può capire il discorso relativamente bene, in particolare quando la struttura grammaticale della lingua parlata è semplice. Tuttavia, possono avere tempi più difficili a comprendere frasi con un costrutto grammaticale più complesso. Ad esempio, la frase "Maria ha regalato i palloncini a Davide" può essere facile da capire, ma "I palloncini sono stati regalati a Davide da Maria" può rappresentare una sfida nell'interpretazione del significato di chi ha dato i palloncini a chi. Gli individui con questo tipo di afasia possono essere in grado di leggere ma essere limitati nella scrittura. L'afasia di Broca deriva, tra le altre cose, da lesioni alle aree cerebrali del linguaggio come il giro frontale inferiore dell'emisfero sinistro. Tale danno è spesso il risultato di un ictus ma può anche verificarsi a causa di un trauma cerebrale. Come in altri tipi di afasia, le capacità intellettuali e cognitive correlate e non, al linguaggio possono essere pienamente preservate. L'afasia di Broca prende il nome dallo scienziato francese, Paul Broca, che per primo ha messo in relazione una serie di deficit associati a questo tipo di afasia con danni cerebrali localizzati. Lo fece nel 1861, dopo essersi preso cura di un paziente che poteva solo pronunciare la parola "abbronzatura".
Afasia mista non fluente
L'afasia mista non fluente colpisce le persone che hanno un linguaggio scarso e faticoso, simile all'afasia grave di Broca. Tuttavia, a differenza degli individui con afasia di Broca, i pazienti con afasia mista non fluente rimangono limitati nella comprensione del linguaggio, simili alle persone con afasia di Wernicke. Gli individui con afasia mista non fluente non leggono o scrivono oltre un livello elementare.
Afasia di Wernicke
In questa forma di afasia la capacità di comprendere il significato delle parole e delle frasi pronunciate è compromessa, mentre la facilità di produrre discorsi non è molto influenzata. Pertanto, l'afasia di Wernicke viene anche definita "afasia fluente" o "afasia ricettiva". Leggere e scrivere sono spesso gravemente compromessi. Come in altre forme di afasia, gli individui possono avere completamente preservato le capacità intellettuali e cognitive correlate o meno al linguaggio. Le persone con afasia di Wernicke possono produrre molte parole e spesso parlano usando frasi grammaticalmente corrette con frequenza e prosodia normali. Tuttavia, spesso ciò che dicono non ha molto senso o arricchiscono le loro frasi con parole inesistenti o irrilevanti. Potrebbero non rendersi conto che stanno usando le parole sbagliate o che usano una parola inesistente e spesso non sono pienamente consapevoli del fatto che ciò che dicono non ha senso.
I pazienti con questo tipo di afasia di solito presentano profondi deficit di comprensione del linguaggio, anche per parole singole o frasi semplici. Questo perché nell'afasia di Wernicke gli individui hanno danni nelle aree cerebrali che sono importanti per elaborare il significato delle parole e della lingua parlata. Tale danno include le regioni temporali posteriori del cervello, che fanno parte di quella che è conosciuta come l'area di Wernicke, da cui il nome dell'afasia. L'afasia di Wernicke e l'area di Wernicke prendono il nome dal neurologo tedesco Carl Wernicke, che per primo ha correlato questo specifico tipo di deficit del linguaggio con un danno nella zona temporale posteriore sinistra del cervello.
Afasia anomica
L'afasia anomica è una delle forme più lievi di afasia. Il termine si applica alle persone a cui rimane un'incapacità persistente di fornire le parole proprio per le cose di cui vogliono parlare, in particolare i sostantivi e i verbi significativi. Il loro linguaggio è fluente e grammaticalmente corretto ma è pieno di parole vaghe (come "cosa") e di circonlocuzioni (tentativi di descrivere la parola che stanno cercando di trovare). La sensazione è spesso quella di avere la parola sulla punta della propria lingua, il che si traduce in molte espressioni di frustrazione nel loro discorso. Le persone con afasia anomica comprendono bene il linguaggio e possono ripetere parole e frasi. Nella maggior parte dei casi possono leggere adeguatamente. La difficoltà a trovare le parole è tanto evidente nella scrittura quanto nel discorso.
L'afasia Primaria Progressiva (PPA)
E' una sindrome neurologica in cui le capacità del linguaggio diventano lentamente e progressivamente compromesse. A differenza di altre forme di afasia che derivano da ictus o lesioni cerebrali, la PPA è causata da malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer o la degenerazione del lobo frontotemporale. La PPA deriva dal deterioramento del tessuto cerebrale importante per il linguaggio. Sebbene i primi sintomi siano problemi con la parola e il linguaggio, altri problemi associati alla malattia di base, come la perdita di memoria, spesso si verificano in seguito. La PPA di solito inizia come un sottile disordine del linguaggio, passando ad un'incapacità quasi totale di parlare, nella sua fase più grave. Il tipo o il modello del deficit linguistico può differire da paziente a paziente. Il disturbo del linguaggio iniziale può essere un'afasia fluente (ovvero, la persona può avere un tasso normale o addirittura maggiore di produzione di parole) o un'afasia non fluente (il linguaggio diventa faticoso e la persona produce meno parole). Una varietà meno comune inizia con la ricerca di parole compromessa e il progressivo deterioramento della denominazione e della comprensione, con un'articolazione relativamente preservata. Come con l'afasia che risulta da ictus o trauma cerebrale, le manifestazioni di PPA dipendono da quali parti dell'emisfero sinistro sono relativamente più danneggiate in un dato punto della malattia. La persona potrebbe avere o meno difficoltà a comprendere il linguaggio. Alla fine, quasi tutti i pazienti diventano muti e incapaci di comprendere la lingua parlata o scritta, anche se il loro comportamento sembra altrimenti normale. Segni e sintomi di altre sindromi cliniche non vengono rilevati attraverso test utilizzati per determinare la presenza di altre condizioni. La PPA non è la malattia di Alzheimer. La maggior parte delle persone con PPA mantiene la capacità di prendersi cura di se stessa, perseguire hobby e, in alcuni casi, rimanere occupata.
Le persone con afasia progressiva primaria combattono contro una condizione in cui continueranno a perdere la capacità di parlare, leggere, scrivere e / o capire ciò che sentono. Di solito le persone con afasia che risultano da ictus o trauma cranico subiranno miglioramenti nel tempo, spesso aiutati dalla logopedia. Questo non è il caso delle persone con afasia progressiva primaria. Tuttavia, le persone con PPA possono trarre beneficio nel corso della loro malattia acquisendo nuove strategie di comunicazione grazie ai logopedisti.
Altre forme
Oltre alle precedenti sindromi, ci sono molte altre possibili combinazioni di deficit che non rientrano esattamente in queste categorie.Alcuni dei componenti di una sindrome di afasia complessa, possono anche verificarsi in isolamento. Questo può essere il caso di disturbi della lettura (alessìa) o di disturbi che colpiscono sia la lettura che la scrittura (alessìa e agrafia), a seguito di un ictus. Gravi alterazioni del calcolo spesso accompagnano l'afasia, ma in alcuni casi i pazienti mantengono un calcolo eccellente nonostante la perdita della lingua.
Epidemiologia e statistiche
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L'84,5% delle persone non ha mai sentito il termine "afasia".
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L'8,8% delle persone ha sentito parlare dell'afasia e può identificarlo come un disturbo del linguaggio.
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Il 34,7% delle persone sono "a conoscenza dell'afasia" o hanno afasia o conoscono qualcuno affetto.
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Il 31% delle persone è d'accordo o dà una risposta neutrale all'affermazione: "Se una persona ha difficoltà di parola, ha anche carenze intellettuali".
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L'84,1% delle persone stabilisce una connessione tra ictus e lesioni cerebrali e difficoltà di comunicazione.
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Il 15,3% delle persone ricorda di aver sentito parlare di afasia da giornali, riviste o pubblicazioni online.
Mancano dati diretti sull’incidenza di afasia e occorre quindi rifarsi a quelli sulle malattie vascolari che sono la causa più frequente di afasia. L’incidenza delle malattie vascolari varia, a seconda degli studi, da 1,8 a 4,5 nuovi casi ogni anno per mille abitanti. Rapportati alla popolazione italiana (circa 60,59 milioni) indicano da 105.000 a 261.000 nuovi casi all’anno. Naturalmente l’afasia non è presente in tutti i soggetti con malattia vascolare; la sua incidenza varia, secondo gli studi, da 21% a 38%. Riportati alla popolazione italiana questi dati indicano un’incidenza che va da 22.000 a 99.000 nuovi casi di afasia all’anno. Mancano dati precisi anche sulla prevalenza, e cioè sul numero di persone viventi affette da afasia. I valori calcolati sulla popolazione degli Stati Uniti, riportati alla popolazione italiana, implicano una prevalenza di 213.000 casi. A queste cifre si debbono aggiungere le persone che presentano disturbi del linguaggio conseguenti a traumi cranici o altre patologie. L’afasia è quindi un disturbo relativamente frequente, più frequente di 4 altre malattie molto più note come la sclerosi multipla o il morbo di Parkinson.
Disturbi associati
L’afasia si presenta raramente come disturbo isolato. Spesso, infatti, la lesione delle aree del linguaggio si estende a zone cerebrali vicine che controllano altre funzioni, per cui insorgono altri deficit che accompagnano l’afasia.
Per esempio i pazienti afasici saranno:
- Emiplegici o emiparetici: in altre parole avranno perso totalmente (emiplegia = paralisi di metà corpo) o parzialmente (emiparesi) la capacità di muovere volontariamente una metà (di solito la destra) del corpo.
- Emianopsici: non vedranno ciò che è localizzato nella metà destra dello spazio.
- Aprassici:attività abituali, come il vestirsi, la preparazione del cibo o perfino l’alimentazione (mangiare e bere), diventano difficili e talora impossibili, in quanto il paziente, oltre al deficit motorio, soffre di Aprassia, non riesce cioè a programmare volontariamente il movimento necessario per compiere un’azione: ad esempio se si chiede al paziente di mostraci come si spegne una candela non riuscirà a ricordare la sequenza appropriata dei gesti, mentre se ha una candela accesa in mano e rischia di bruciarsi, la spegnerà facilmente.
La combinazione di deficit motori ed aprassici è particolarmente grave quando colpisce i movimenti della deglutizione per cui il paziente non è più in grado di inghiottire cibo solido o liquido (disfagia = difficoltà ad ingerire).
- Amnesici: gran parte della nostra memoria avviene attraverso l’uso del linguaggio; di conseguenza spesso la persona afasica dimostra difficoltà a ricordare e soprattutto ad apprendere nuove informazioni; talora tuttavia basta un piccolo aiuto da parte di chi è vicino ( poche parole collegate all’argomento) per fare riemergere il ricordo.
- Alterazioni del comportamento. In seguito all’afasia i pazienti possono reagire e comportarsi in maniera diversa da quella abituale, prima dell’insorgenza dell’ictus. Ad esempio, il controllo delle emozioni può diventare più difficile: il pianto od il riso diventano più frequenti e talora difficili da controllare.
- Epilessia. Il tessuto cerebrale leso in fase cronica cicatrizza, diventando quasi un corpo estraneo, provocando, in alcuni casi, una specie di scarica elettrica all’interno del cervello, che si traduce in una crisi epilettica: può così succedere che il paziente perda coscienza e presenti delle convulsioni per alcuni minuti, senza segni residui al risveglio. L’insorgenza di una crisi epilettica è un evento drammatico, sia per chi ne soffre che per chi è vicino alla persona in crisi, specie se non è informato su cosa sia l’epilessia. Quanto sopra esposto non tuttavia è una lista completa dei deficit che possono accompagnarsi all’afasia: sia il quadro afasico che i sintomi che lo accompagnano possono variare da persona a persona, senza che si abbia in ogni caso un quadro uniforme.
La valutazione
Il trattamento riabilitativo può iniziare anche precocemente ma nelle prime settimane dopo l’evento morboso, il quadro afasico è molto variabile ed è difficile decidere come intervenire. Dopo 3-4 settimane è possibile fare una valutazione approfondita che può essere utilizzata come punto di partenza per una riabilitazione motivata. Alcune batterie descrivono il disturbo afasico in base al grado di compromissione nei vari compiti verbali (produzione, comprensione, lettura, scrittura) e permettono di classificare il soggetto in una delle classiche sindromi afasiche: afasia di Wernicke, di conduzione, amnestica, afasia transcorticale sensoriale, di Broca, globale, afasia transcorticale motoria.
Altri test, basati su un più recente approccio allo studio dell’afasia, si propongono di identificare la causa sottostante al comportamento patologico. La scelta del tipo di valutazione è molto importante perché determina il tipo di trattamento al quale si potrà poi sottoporre la persona afasica. Se si decide di utilizzare un tipo di valutazione pensata per classificare il soggetto in una sindrome afasica giungeremo ad una diagnosi clinica basata sul confronto dei deficit nei vari comportamenti verbali. Una batteria standardizzata – quale per esempio l’AAT o l’Esame del Linguaggio di Milano – consente di identificare i deficit nei vari comportamenti verbali – denominazione, lettura, comprensione, scrittura e ripetizione – senza indagarne la causa sottostante. L’intervento riabilitativo potrà quindi essere diretto solo al comportamento deficitario. Si possono trattare i vari sintomi superficiali, quali la difficoltà ad evocare parole o i deficit di comprensione, come si è sempre fatto nella riabilitazione classica, oppure affrontare il disturbo globale con un tipo di trattamento che ha preso sempre più piede in questi ultimi anni e che si propone di ricostruire nel soggetto afasico la capacità di “conversare”, che è la situazione comunicativa per eccellenza.
Una valutazione funzionale, al contrario, porta ad una diagnosi funzionale quale, per esempio, danno del sistema semantico, danno delle conoscenze ortografiche, e così via. Una valutazione di questo tipo si basa sull’uso di una serie di compiti mirati alla valutazione di una componente specifica.
La Batteria per l’Analisi dei Deficit Afasici (BADA) o l'E.N.P.A. consente di arrivare ad una diagnosi funzionale, ad individuare cioè la causa sottostante all’errore superficiale. Purtroppo non è sempre né facile né possibile individuare il danno funzionale, soprattutto nei soggetti con afasie gravi nei quali è ipotizzabile che tutte le componenti siano danneggiate. In questi casi, è possibile solo una valutazione sindromica che evidenzia i vari sintomi superficiali, quali la difficoltà ad evocare parole o i deficit di comprensione, e consente di trattarli come si è sempre fatto nella riabilitazione classica oppure affrontare il disturbo globale con un tipo di trattamento basato sulla conversazione. Al termine della valutazione è necessario comunicare in modo realistico i tempi e gli obiettivi che si propone la riabilitazione che quasi mai, purtroppo, è in grado di riportare la persona al livello di comunicazione premorbosa.
La riabilitazione
Le terapie basate sulla menomazione hanno lo scopo di migliorare le funzioni linguistiche e consistono in procedure in cui il terapista stimola direttamente specifiche capacità di ascolto, conversazione, lettura e scrittura.
Le terapie basate sulla comunicazione hanno lo scopo di migliorare la comunicazione con qualsiasi mezzo e incoraggiare il supporto da parte degli operatori sanitari.
Queste terapie consistono spesso in interazioni più naturali che coinvolgono compiti comunicativi della vita reale.
Le decisioni sull'approccio dipendono dalle esigenze e dai desideri di un individuo. La terapia per un danno molto lieve può differire dalla terapia per un danno molto grave. Inoltre, la terapia cambia nel tempo man mano che la persona con afasia migliora.
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Terapie basate sulla menomazione
Una persona con afasia inizialmente vuole parlare meglio e dare un senso al linguaggio parlato da altri.
Pertanto, i logopedisti tentano di riparare ciò che è rotto. Le terapie focalizzano l'attenzione di un individuo su compiti che gli consentono di comprendere e parlare nel modo più efficace possibile. Una sessione di terapia può essere l'unico momento durante il giorno in cui è effettuato una stimolazione linguistica, che viene effettuata con una frustrazione minima.
Il tempo apparentemente limitato, con un terapista può essere integrato con i compiti e i programmi per computer.
Il software per computer è stato progettato per esercitare la ricerca di parole, la comprensione e problemi di vita reale come lo scambio di denaro.
Esistono terapie focalizzate su un'area specifica di compromissione della lingua come il recupero dei verbi e la formulazione della struttura delle frasi. Un esempio di trattamento sperimentale include l'uso di un terapista virtuale che parla da un monitor di un computer. Numerose ricerche cliniche sono state fornite per fornire prove dell'efficacia delle terapie basate sulla menomazione.
Terapia Contstraint (CIT)
Questa terapia trae spunto dalla riabilitazione dell'emiplegia, quindi di derivazione fisioterapica. Un paziente è "costretto", ad esempio, ad utilizzare il lato del corpo compromesso, mentre il lato buono è momentaneamente inibito. Nell'applicare questo principio alle funzioni di comunicazione, una persona con afasia può essere "costretta" a non usare la comunicazione gestuale per favorire l'uso della comunicazione verbale. Un secondo, e forse più noto, componente di questo trattamento è che è più intenso rispetto ai programmi di terapia tipici e dura per un periodo relativamente breve. Ad esempio, la terapia può essere somministrata per tre ore al giorno, per due settimane. Gli studi sulla CIT si stanno diffondendo. La terapia indotta da vincoli è quasi l'opposto delle strategie compensative in cui la persona con afasia è incoraggiata a usare capacità intatte per comunicare. È probabile che un terapeuta impieghi entrambi gli approcci.
Melodic Intonation Therapy (MIT)
Sviluppato da Robert Sparks a Boston, il MIT si basa sull'osservazione che alcune persone con afasia "cantano meglio di come parlano". Il metodo è una serie di step in cui un individuo intona una melodia durante la produzione di frasi. È stato raccomandato per le persone con un tipo afasia espressiva e di buona comprensione.
Tele-riabilitazione
Le procedure stabilite sono fornite su Internet con telecamere Web in modo che il terapeuta e la persona con afasia possano vedersi e ascoltarsi. Non ancora ampiamente disponibile, è stato sviluppata da William Connors a Pittsburgh.
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Terapie basate sulla comunicazione
Sebbene il paziente l'afasico voglia soprattutto parlare meglio, la comunicazione può essere comunque frustrante.
I trattamenti orientati alla comunicazione, in parte, aiutano la persona a trasmettere messaggi e sentimenti con mezzi alternativi di comunicazione. Si dice anche che questo orientamento implichi strategie compensative. Inoltre, un individuo è incoraggiato a usare qualsiasi capacità linguistica rimanente che riesca a trasmettere messaggi.
Gli specialisti della riabilitazione stanno assistendo alle conseguenze della disabilità per la qualità della vita. I logopedisti stanno arruolando attività di gruppo per facilitare la partecipazione di una persona alla vita quotidiana. Potremmo ascoltare queste attività chiamate approcci sociali o approcci basati sulla partecipazione. I metodi vanno dal fornire contesti significativi all'interno di una struttura di riabilitazione all'avventurarsi al di fuori di tali strutture. Questi metodi possono enfatizzare il ritorno alle precedenti attività e interazioni, ma ci sono anche alcuni centri gestiti da volontari che creano efficacemente una nuova comunità per le persone con afasia.
Esempi di terapie specifiche Ci sono molti nomi per le terapie di afasia. Alcuni rappresentano lievi variazioni delle procedure fondamentali e si potrebbe esagerare affermando che esistono tanti metodi quanti sono i terapisti. Tuttavia, alcuni metodi sono in qualche modo unici. Di seguito sono riportati alcuni esempi di terapie specifiche.
Terapia PACE (Promuovere l'efficacia comunicativa dell'afasia)
Questa procedura è una leggera variazione dell'esercitazione di base per la denominazione delle immagini, ma le modifiche introducono elementi di conversazione nell'interazione. La persona con afasia e il terapeuta, a turno trasmettono messaggi, scegliendo liberamente la modalità per trasmetterli, relativi ad immagini non visibili all'ascoltatore. Sviluppato da Jeanne Wilcox e Albyn Davis a Memphis, popolare in Europa, dove sono stati condotti la maggior parte degli studi.
Coaching conversazionale
Sviluppato da Audrey Holland in Arizona, questa strategia mira ad aumentare la fiducia comunicativa attraverso la pratica di conversazioni con script.
Con l'assistenza di Leora Cherney a Chicago, questo metodo è stato integrato in un programma per computer. Chiamato "AphasiaScripts", include un terapista virtuale per fornire aiuto alla persona con afasia.
Conversazione supportata
Originata da Aura Kagan a Toronto, in Canada, la conversazione supportata è una strategia particolare per migliorare la fiducia comunicativa che si trova comunemente nei gruppi di supporto. I volontari sono addestrati a impegnarsi in conversazioni reali con persone che hanno afasia. Sono state descritte terapie simili, chiamate "terapia di conversazione" o "conversazioni con impalcature".
Un commento generale
Esistono molte altre terapie e la maggior parte delle terapie menzionate viene continuamente studiata in termini di efficacia. Un logopedista adatta un programma di terapia ai desideri e alle capacità del singolo cliente, considerando anche le capacità della struttura di riabilitazione e la disponibilità del supporto del caregiver.
Ad oggi, la riabilitazione si è dimostrata l’unico intervento esterno in grado di ottenere un miglioramento del quadro afasico, ma non sappiamo ancora con certezza quali soggetti siano suscettibili di miglioramento e quali no, e soprattutto quali trattamenti siano efficaci e quali no. Oggi vi sono alcune tecniche di neurostimolazione (la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva – rTMS – e la Stimolazione transcranica a Corrente Diretta – tDCS), tuttora in fase di studio, che pare possano potenziare l’effetto del trattamento riabilitativo.
Per riabilitazione dell’afasia s’intende qualunque comportamento non occasionale che ha lo scopo di migliorare la capacità della persona afasica di usare il linguaggio.
Ma il trattamento riabilitativo serve davvero a qualcosa? Cosa ci dicono gli studi? Un soggetto riabilitato migliora davvero più di uno non riabilitato? E il trattamento è efficace in tutti i soggetti afasici? Rispondere a queste domande è molto più difficile di quanto possa apparire a prima vista; valutare l’efficacia di un trattamento riabilitativo è più complesso che valutare l’efficacia di un farmaco. Semplificando molto si può dire che se si vuol sapere se il farmaco X è efficace o meno per una data malattia, si prendono dei soggetti con quella specifica malattia; alcuni prendono il farmaco che si sta sperimentando, altri non lo prendono. Un confronto tra i due gruppi dirà poi, al termine della cura, se i soggetti che hanno preso il farmaco sono guariti meglio/prima/in numero maggiore di quelli che non lo hanno preso. Per quanto riguarda l’afasia, una prima – fortunata – complicazione nasce dal fatto che il disturbo afasico non è statico ma tende a migliorare “spontaneamente” nel corso dei primi mesi (6-8) dopo l’evento morboso. Se il trattamento riabilitativo è iniziato durante il periodo di recupero spontaneo, è difficile dire quanto del miglioramento ottenuto da un soggetto afasico sia dovuto al solo passare del tempo e quanto all’intervento riabilitativo. Nei soggetti cronici non ancora trattati è invece più probabile che l’eventuale miglioramento sia stato determinato dall’intervento. Per dimostrare l’efficacia del trattamento occorre dimostrare che un gruppo di persone afasiche rieducate migliora nettamente di più di un gruppo paragonabile di persone afasiche non rieducate. Qui la parola da sottolineare è “paragonabile” perché è molto difficile creare due gruppi omogenei e confrontabili. Se in un gruppo ci sono, per esempio, più soggetti giovani o più soggetti con afasia grave che nell’altro gruppo, la differenza di recupero potrebbe essere spiegata dalla diversa età o gravità e non dalla riabilitazione. Anche eticamente difficile rieducare uno solo dei due gruppi. Nonostante le notevoli difficoltà di questo tipo di studi, vi è una ricca letteratura su questo argomento. Senza entrare in dettagli tecnici, si può tranquillamente affermare che il miglioramento è maggiore nei soggetti trattati, purché trattati per periodi abbastanza lunghi. Per trattamenti brevi, non c’è differenza tra soggetti trattati e non trattati. L’importanza della quantità di trattamento è stata confermata anche da lavori che hanno affrontato direttamente questo problema. Purtroppo una indagine condotta alcuni anni fa in 5 regioni italiane ha mostrato un quadro abbastanza sconfortante: in generale, il tempo impiegato per la valutazione iniziale è di 2-3 ore e il regime di trattamento è di 3 sedute settimanali della durata di 45-60 minuti; la durata del trattamento varia da un minimo di 3 mesi a, in rari casi, oltre 12 mesi. Un altro fatto importante che sembra abbastanza ben dimostrato è che la distanza dall’evento morboso non pregiudica l’efficacia della riabilitazione. Non ci sono quindi ragioni per non rieducare soggetti cronici, anche a distanza di anni dall’insorgenza dell’afasia. L’evidenza sperimentale quindi, anche se non definitiva, indica chiaramente un effetto positivo della riabilitazione. Ma questo risultato, di per sé molto importante, ci dice solamente che ci sono maggiori probabilità di migliorare se rieducati ma non permette di fare previsioni sulle reali possibilità di miglioramento di una singola persona. In altre parole, continuiamo a non sapere chi può trarre un vantaggio dalla riabilitazione, con quale tipo di trattamento, e chi non ne trarrà vantaggio. Nelle pagine iniziali dedicate alla definizione del disturbo, si è detto che “afasia” è un termine molto generico e che sarebbe meglio parlare di specifici deficit afasici perché è impensabile che la rottura di uno strumento così ricco e complesso come il linguaggio umano abbia un solo modo di manifestarsi. In realtà è quasi impossibile trovare due persone afasiche che presentano lo stesso disturbo ed è anche molto probabile che alcuni deficit siano più suscettibili di miglioramento di altri. Recentemente, un gruppo di ricercatori ha preso in considerazione la letteratura sulla riabilitazione di alcuni disturbi relativamente specifici: produzione, comprensione, lettura e scrittura di parole isolate e produzione e comprensione di frasi.
I risultati ottenuti sono positivi ed è importante notare che la grande maggioranza dei soggetti trattati erano cronici. Questi risultati sono ovviamente molto incoraggianti ma restano ancora due importanti problemi. Il primo riguarda la generalizzazione dei risultati ad altri soggetti. Mentre i risultati dei lavori su gruppi di soggetti che abbiamo preso in esame in precedenza possono essere considerati validi per la popolazione afasica in generale, i risultati ottenuti su un singolo soggetto non sono generalizzabili. In altre parole, il fatto che il signor P sia migliorato non ci dice nulla sulla possibilità di migliorare del signor B, che presenta lo stesso tipo di deficit e viene rieducato con lo stesso metodo. Il secondo problema riguarda la generalizzazione alla vita quotidiana dei risultati ottenuti. Questi lavori si basano sull’acquisizione di un numero limitato di stimoli trattati nel corso di un numero limitato di sedute. Perché il miglioramento sia evidente nella vita quotidiana, non basta certo l’acquisizione di 10- 15 parole e quindi questi lavori finiscono per essere indicazioni su come trattare un dato disturbo piuttosto che reali evidenze sulla efficacia della riabilitazione.
Se a questo punto lasciamo da parte i risultati dei lavori sperimentali e passiamo a considerare se il trattamento riabilitativo abbia un reale effetto nel migliorare le capacità linguistiche di un soggetto afasico, dobbiamo introdurre due nuovi elementi, fondamentali ma non suscettibili di una seria valutazione oggettiva: la competenza del rieducatore e la motivazione della persona afasica. In un intervento complesso come la rieducazione dell’afasia, l’interazione con il terapista è un elemento essenziale del trattamento stesso e la “competenza” dell’operatore non riguarda solo gli aspetti strettamente conoscitivi, riguarda il suo modo di interagire con i soggetti dell’intervento. La relazione tra terapista e persona afasica è un fattore determinante dell’efficacia del trattamento ma è un fattore quasi “imponderabile”. L’altro elemento importante nel determinare i risultati del trattamento è la motivazione della persona afasica. Il trattamento è spesso molto lungo e l’impegno richiesto al soggetto afasico è gravoso; solo soggetti molto motivati collaborano davvero attivamente con il terapista e non “subiscono” semplicemente il trattamento. La riabilitazione non è qualcosa che può essere “dato” al soggetto afasico che lo “riceve” così come si può dare un farmaco ad un soggetto che ha la polmonite; il farmaco è di per sé efficace indipendentemente dalla volontà del paziente; al contrario, la riabilitazione è un processo che richiede l’attiva partecipazione di tutte le parti in causa. Il logopedista deve ovviamente avere una solida base di conoscenze e sapere come e quando metterle in atto ma la riabilitazione va oltre l’applicazione di conoscenze; si esplica in un rapporto tra due persone che dovrebbero essere ugualmente impegnate. Non vi sono “ricette” sicure; ci sono degli interventi che sono razionalmente collegati al deficit che si vuole trattare e altri che, anche se vengono a volte tuttora usati, non sembrano giustificati dalle nostre conoscenze attuali. Il logopedista dovrebbe essere sempre in grado di spiegare qual è il legame tra il deficit da trattare e il trattamento proposto. Per completare questo breve excursus sull’efficacia del trattamento, ricordiamo che non è stato dimostrato che trattamenti brevi (come cicli di riabilitazione di 1-2 mesi) abbiano alcun effetto positivo mentre sembra che nel corso degli anni non vi siano peggioramenti, a meno di fattori interveniente.
Il trattamento termina una volta raggiunto un plateau. Prolungare un trattamento dopo un periodo (2-3 mesi) nel quale non si siano evidenziati miglioramenti, è inutile e può dimostrarsi controproducente perché aumenta la dipendenza del soggetto afasico dalla riabilitazione.
Consigli utili per la comunicazione con una persona afasica
L'impatto dell'afasia sui rapporti può essere importante. Non esistono due persone con afasia simili per gravità, precedenti capacità linguistiche o personalità. Ma in tutti i casi è essenziale che la persona comunichi nel modo più efficace possibile sin dall'inizio del processo di recupero. Di seguito sono riportati alcuni suggerimenti per aiutare a comunicare con una persona con afasica.
Se vogliamo comunicare con l'afasico:
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Prima di tutto, non abbiate fretta e ponetevi comodamente di fronte alla persona afasica.
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Assicuratevi di avere l'attenzione della persona prima di iniziare.
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E' importante ridurre al minimo o eliminare i rumori di fondo (TV, radio, altre persone).
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Mantenete la voce ad un livello normale, a meno che la persona non abbia indicato diversamente.
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Mantenete la comunicazione semplice, ma per adulti.
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Semplificate la struttura delle frasi e riducete la velocità di eloquio.
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Se, in un primo momento vi sentite imbarazzati, introducete la conversazione parlando, con parole semplici, di voi, per passare poi a chiedere qualcosa di cui già conoscete la risposta.
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Parlate lentamente, usando frasi corte e sottolineando con l’intonazione le parole più importanti delle frasi che pronunciate.
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Aiutatevi con la scrittura, mettendo per scritto le parole più importanti.
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Ripetete quello che avete detto e scritto, lasciando alla persona afasica il foglio usato in modo che possa essere eventualmente usato per ricordare quello di cui avete parlato.
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Usate gesti, disegni e altri mezzi non verbali (per esempio indicazione di oggetti o persone), incoraggiando la persona afasica a fare altrettanto.
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Talora può essere utile sfogliare insieme un vocabolario per cercare la parola giusta.
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Lasciate alla persona il tempo di parlare.
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Resistete alla tentazione di finire le frasi o offrire parole
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Lodate tutti i tentativi di parlare e minimizzate eventuali errori.
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Evitate di insistere affinché ogni parola sia prodotta perfettamente.
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Coinvolgete la persona afasica in normali attività quando possibile.
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Non proteggete l'afasico dalla famiglia e non ignoratelo in una conversazione di gruppo. Piuttosto, cercate di coinvolgerlo nel processo decisionale familiare il più possibile.
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Tenetelo informato sugli eventi, ma evitate di caricarlo di dettagli quotidiani.
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Incoraggiate l'indipendenza ed evitate di essere iperprotettivi
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Parlare con una persona afasica è un buon e soprattutto utile esercizio di pazienza. Nonostante tutto, tuttavia, talora la comunicazione fallisce. Non scoraggiatevi, lasciate che la persona afasica si riposi e riprendete la conversazione più tardi. E’ probabile e che ad un secondo tentativo le cose vadano meglio.
Se la persona afasica vuole comunicare con noi:
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Cercate prima di tutto di capire l’argomento, avendo chiaro, ad esempio, dove e quando un determinato fatto di cui la persona afasica parla è successo.
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Ponete domande a risposta chiusa "sì" e "no", per confermare che avete compreso correttamente quanto vi ha comunicato.
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Cercate di ottenere le informazioni giuste, aiutandovi con ciò che già sapete, usando un approccio sistematico, non saltando da un argomento all’altro senza averlo prima introdotto.
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Talora può essere utile, per migliorare la comunicazione, costruire ed usare assieme alla persona afasica un libretto in cui si inseriscono le figure e le foto di oggetti, avvenimenti e persone familiari. L’uso di questi materiali, magari con l’aggiunta di carta e penna per scrivere le parole più importanti, può migliorare notevolmente la comunicazione, facendo emergere i punti più importanti della comunicazione.
Dichiarazione dei diritti del caregiver
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Ho il diritto di prendermi cura di me stesso. Questo non è un atto di egoismo. Mi darà la possibilità di prendermi più cura della persona amata.
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Ho il diritto di chiedere aiuto agli altri anche se la mia persona cara potrebbe obiettare. Riconosco i limiti della mia resistenza e forza.
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Ho il diritto di mantenere aspetti della mia vita che non includono la persona a cui tengo proprio come farei se fosse sano.
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So di fare tutto ciò che posso ragionevolmente fare per questa persona e ho il diritto di fare alcune cose solo per me stesso.
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Ho il diritto di arrabbiarmi, essere depresso ed esprimere occasionalmente sentimenti difficili.
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Ho il diritto di rifiutare qualsiasi tentativo da parte della persona amata (conscia o inconscia) di manipolarmi attraverso la colpa o la rabbia.
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Ho il diritto di ricevere considerazione, affetto, perdono e accettazione per ciò che faccio per la persona amata.
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Ho il diritto di essere orgoglioso di ciò che sto realizzando e di applaudire al coraggio che ho impiegato per soddisfare le esigenze della persona amata.
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Ho il diritto di proteggere la mia individualità e il mio diritto a farmi una vita che mi sosterrà nei momenti in cui la persona amata non ha più bisogno del mio aiuto a tempo pieno.
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Ho il diritto di aspettarmi e pretendere che, man mano che vengono fatti nuovi passi avanti nella ricerca di risorse per aiutare le persone con disabilità fisiche e mentali nel nostro paese, si faranno passi simili per aiutare e sostenere gli operatori sanitari.
link e siti utili