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L'iposmia o anosmia, una diminuzione o una completa perdita dell'olfatto, è stata ampiamente riportata in pazienti con COVID-19, spesso come un sintomo d'esordio o anche come l'unico sintomo presente in un paziente altrimenti asintomatico.

Sebbene il COVID-19 sia tristemente il più famoso, ricordiamo che più di 200 virus diversi, possono causare alterazioni dell'olfatto e del gusto a causa di lesioni temporanee o a lungo termine alle strutture neurali.

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ANOSMIA E COVID-19

Ecco alcune informazioni tratte dalla letteratura:

- Incidenza:

In uno studio di Menni et al., 2020, il 65% dei soggetti risultati positivi al COVID-19 ha riportato perdita del gusto o dell'olfatto, rispetto al 21,7% che è risultato negativo al COVID-19. Uno studio mondiale condotto dal Global Consortium for Chemosensory Research (GCCR) ha incluso 4.039 partecipanti provenienti da 41 paesi diversi, che hanno riportato una diagnosi di COVID-19 (Parma et al., 2020), l'89% dei partecipanti ha riportato la perdita dell'olfatto.

È interessante notare che l'ostruzione nasale non è stata associata alla perdita dell'olfatto, come comunemente osservato in altre infezioni delle vie respiratorie superiori. Inoltre, il 76% dei partecipanti ha riferito una perdita del gusto e il 46% ha avuto una riduzione della chemestesi (rilevamento di sostanze chimiche che evocano sensazioni di formicolio e bruciore), indicando che il danno chemiosensoriale non è limitato all'olfatto (Parma et al., 2020) .

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L'incidenza dell'anosmia nei pazienti COVID-19 varia tuttavia nei diversi studi dal 34% al 68% (Meng et al., 2020). Questa variabilità potrebbe essere dovuta a fattori genetici, carica virale, specificità delle diverse popolazioni valutate o metodi utilizzati nell'analisi.

In alcuni casi, la compromissione dell'olfatto è comparsa prima di altre manifestazioni cliniche come tosse e febbre, suggerendo che può servire come diagnosi clinica per l'infezione da SARS-CoV-2 (Hopkins et al., 2020; Lechien et al., 2020).

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-Recupero:

Nella maggior parte dei casi l'olfatto viene recuperato in media dopo due settimane o dopo la risoluzione degli altri sintomi (Hopkins et al., 2020; Lechien et al., 2020). Inoltre, solo meno del 10% dei partecipanti allo studio GCCR ha riportato distorsioni della qualità dell'olfatto (parosmia) o odore fantasma (fantosmia) ossia la percezione di un odore non presente (Parma et al., 2020).

Nella maggior parte dei casi il danno virale si verifica perifericamente piuttosto che a livello del sistema nervoso centrale (SNC). Tuttavia, sono stati osservati anche periodi di recupero dell'olfatto e del gusto più lunghi , che potrebbero essere dovuti agli effetti del virus sul SNC, e dovrebbero essere ulteriormente studiati (Hopkins et al., 2020).

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Sebbene ora ci siano prove cliniche ed epidemiologiche convincenti che la perdita dell'olfatto sia un marker di COVID-19, ci sono ancora pochi dati che mostrano come SARS-CoV-2 possa entrare e replicarsi in modo efficiente nelle cellule dei tessuti olfattivi, causando la perdita dell'olfatto.

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-Infezione virale ed infiammazione dell'epitelio olfattivo

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È stato dimostrato che diversi tipi di virus infettano l'epitelio olfattivo in modelli animali. 

Nell'uomo, era già noto che l'infezione da coronavirus causava lievi infezioni del tratto respiratorio superiore, come il comune raffreddore (Zumla et al., 2016). Le infezioni da coronavirus più patogene responsabili della sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e della sindrome respiratoria mediorientale (MERS), sono invece più gravi.

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Le risposte infiammatorie nell'epitelio olfattivo in risposta a lesioni causate da infezione virale non sono ancora ben comprese.

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- Infezione da SARS-COV-2
 

Dall'inizio dell'epidemia di SARS nel 2003, si è appreso molto sui principali meccanismi di ingresso e replicazione dei coronavirus (CoV) nelle cellule ospiti. Come altri CoV, SARS-CoV-2 esprime nella sua membrana la proteina spike (proteina S), una proteina di superficie virale glicosilata che ancora il virus alla cellula ospite, principalmente attraverso il legame con l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2) umano ( Hoffmann, et al., 2020; Walls et al., 2020; Zhou et al., 2020). L'enzima ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2, Enzima di Conversione dell'Angiotensina), regola la vasocostrizione delle arterie e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove protegge il polmone dai danni causati dalle infezioni, infiammazioni e stress. Quando il virus si lega ad ACE2 ed entra nella cellula, fa diminuire la sua espressione e lo sottrae così allo svolgimento della sua funzione protettiva.

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Le cellule dell'epitelio respiratorio della cavità nasale (cellule ciliate e caliciformi) esprimono livelli più elevati di ACE2, diradandosi progressivamente in tutto il tratto respiratorio inferiore, come misurato da un'analisi in situ dell'RNA unicellulare (Hou et al., 2020).

La cavità nasale è la porta principale per l'ingresso di SARS-CoV-2 nei polmoni, ma anche che può fungere da serbatoio virale che migliora la diffusione del virus.

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-SARS-COV2 ed epitelio olfattivo

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Un'analisi approfondita ha indicato che ACE2 e TMPRSS2 (una proteina che elabora la proteina spike di SARS-CoV-2 e permette alla fusione della membrana del virus-host e quindi l'infezione) sono espressi nell'epitelio olfattivo di topo e umano, in particolare sono espressi in tipi di cellule non neuronali, vale a dire nelle cellule di supporto, nelle ghiandole di Bowman (Brann et al., 2020; Fodoulian et al., 2020). ,nelle cellule dei microvilli, sebbene a livelli inferiori (Fodoulian et al., 2020)

L'espressione di questi geni a livello dei neuroni olfattivi è molto bassa. 

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Possibili meccanismi di infezione da SARS-CoV-2 nell'epitelio olfattivo


L'infezione e la replicazione virale potrebbero verificarsi nella regione apicale dell'epitelio olfattivo, piuttosto che nello strato contenente i neuroni olfattivi.

L'infezione di cellule non neuronali dell'epitelio olfattivo  avrebbe un impatto indiretto sul capacità dei neuroni olfattivi di rilevare gli odori.

Come precedentemente descritto, a livello nasale avviene l'espressione dei fattori di ingresso di SARS-CoV-2 supportando il meccanismo che provoca l'anosmia.

In particolare, il virus inizialmente invaderebbe le cellule di supporto e altre cellule non neuronali, essenziali per il funzionamento dei neuroni sensoriali olfattivi stessi, e recluterebbe anche cellule infiammatorie che potrebbero contribuire danneggiare ulteriormente l'epitelio olfattivo. 

È importante notare, tuttavia, che esperimenti più recenti hanno rilevato la presenza del virus nei neuroni olfattivi di criceti siriani infettati per via intranasale (Chan et al., 2020; Sia et al., 2020), suggerendo la possibilità che i neuroni olfattivi, possano essere direttamente infettati da SARS-CoV-2.

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Le cellule di supporto sono fondamentali per il corretto rilevamento degli odori poiché forniscono segnali neurotrofici e supporto fisico ai neuroni.

Ci si aspetterebbe quindi che la perdita delle cellule di supporto non solo distrugga la funzione dei neuroni, ma disorganizzi anche l'intero epitelio. Infatti, è ben noto che il trattamento dell'epitelio olfattivo con metimazolo, un farmaco antitiroideo che induce la perdita dell'olfatto nell'uomo e colpisce preferenzialmente le cellule di supporto, causa gravi danni all'intero epitelio (Bergstrom et al., 2003).

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Finora solo pochi studi hanno analizzato le risposte infiammatorie all'infezione da SARS-CoV-2 nell'epitelio olfattivo umano.

Ad esempio, l'analisi post mortem dei casi fatali di COVID-19 ha rivelato un aumento dei livelli di TNF-α  (Torabi et al., 2020). Infiltrati leucocitari prominenti sono stati osservati nell'epitelio olfattivo danneggiato e nel nervo olfattivo in altri due casi letali, uno dei quali aveva riportato anosmia (Kirschenbaum et al., 2020). La scansione tomografica e la risonanza magnetica della cavità nasale di un paziente infetto da SARS-CoV-2 il cui sintomo principale era un'improvvisa e completa perdita dell'olfatto senza ostruzione nasale, ha rivelato un'ostruzione infiammatoria bilaterale delle fessure olfattive (Eliezer et al., 2020).

Ulteriori analisi dovrebbero rivelare se l'infiammazione incontrollata dell'epitelio olfattivo svolga un ruolo chiave nella perdita dell'olfatto segnalata dai pazienti COVID-19,

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- Invasione del sistema nervoso centrale attraverso la via olfattiva


Se SARS-CoV-2 sia in grado di invadere il SNC attraverso la via olfattiva come alcuni virus neurotropici è ancora una questione aperta.

Se, come discusso sopra, SARS-CoV-2 non può davvero infettare direttamente i neuroni olfattivi, le possibilità di tale invasione sarebbero almeno ridotte. 


Tuttavia, primi studi condotti sui roditori hanno mostrato che i neuroni olfattivi sono in grado di assorbire proteine ​​marcate (traccianti) e trasportarle nella regione glomerulare (bulbo olfattivo) (Kristensson & Olsson, 1971), indicando un possibile meccanismo per l'invasione del sistema nervoso centrale in virus che notoriamente infettano la via olfattiva (Johnson, 1964; Nir et al., 1965; Sabin & Olitsky, 1937).

È stato dimostrato che molti virus neurotropici inoltre, raggiungono il sistema nervoso centrale dopo aver interagito con la mucosa nasale in modelli animali, tra cui MHV (Perlman et al., 1989),

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Può SARS-CoV-2 invadere il SNC attraverso la via olfattiva?


Finora non ci sono prove sperimentali che dimostrino che SARS-CoV-2 possa invadere il cervello attraverso la via olfattiva. 

Come accennato in precedenza, analisi dimostrano che ACE2 , ovvero la porta di ingresso del virus, non è espresso nei neuroni olfattivi né nei neuroni del  bulbo olfattivo (Brann et al., 2020; Fodoulian et al., 2020).

 

Pertanto, se SARS-CoV-2 può essere trasportato al bulbo attraverso gli assoni olfattivi, dovrebbe farlo in modo indipendente da ACE2. È interessante notare che negli esperimenti con i topi transgenici inoculati con SARS-CoV, è stato osservato un ritardo di 60 ore tra il momento dell'inoculazione intranasale e il rilevamento del virus nel bulbo olfattivo (Netland et al., 2008). Successivamente, il virus si è diffuso rapidamente dal bulbo olfattivo alle regioni del cervello connesse a livello trans neuronale (Netland et al., 2008).

Questi risultati suggeriscono che il virus doveva prima replicarsi e accumularsi nell' epitelio olfattivo, possibilmente in tipi di cellule non neuronali, prima di poter essere trasportato al bulbo olfattivo. Pertanto, la capacità dell'epitelio olfattivo di fungere da serbatoio efficiente per la replicazione e l'amplificazione di SARS-CoV-2 potrebbe facilitare l'invasione del cervello da parte del virus (Butowt & Bilinska, 2020).

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Tuttavia l'invasione del cervello da parte di SARS-CoV-2 attraverso questo percorso non è un meccanismo patogeno comune per questo virus. 

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Recentemente sono state riportate alterazioni ne in pazienti COVID-19 con anosmia, suggerendo che in questi casi SARS-CoV-2 potrebbe aver raggiunto il bulbo olfattivo attraverso il nervo olfattivo (Aragao et al., 2020; Politi et al., 2020) . La scoperta che l'ACE2 è altamente espresso nei periciti dei vasi sanguigni del bulbo olfattivo (Brann et al., 2020; Fodoulian et al., 2020), solleva la possibilità alternativa che il virus possa utilizzare la via ematogena per infettare il bulbo olfattivo, cosa che indurrebbe infiammazione vascolare e causerebbe anosmia (Brann et al., 2020).

È importante sottolineare che non solo il nervo olfattivo, ma anche il nervo trigemino, può fungere da via per l'ingresso di agenti patogeni nel cervello (Perlman et al., 1989). Il nervo trigemino può rilevare non solo stimoli fisici (meccanici e di temperatura) ma anche sostanze chimiche (denominate chemestesi) (Hummel & Frasnelli, 2019).

Il naso e le terminazioni nervose del trigemino orale sono tipicamente attivate da sostanze chimiche irritanti, come inquinanti atmosferici e altri stimoli nocivi. Questa attivazione innesca risposte fisiologiche protettive, tra cui diminuzione della frequenza respiratoria, sudorazione e aumento della salivazione. Molte di queste sostanze chimiche sono riconosciute dai canali del potenziale recettore transitorio (TRP) e portano a sensazioni diverse, ad esempio sensazioni di bruciore (capsaicina), raffreddamento (mentolo), piccante (allicina) e piccante (timolo) (Viana, 2011).

Le terminazioni del nervo trigemino che innervano l'epitelio olfattivo possono ramificarsi per innervare il bulbo olfattivo (Schaefer et al., 2002). Una via di invasione del trigemino da parte di SARS-CoV-2 potrebbe spiegare alcuni sintomi neurologici mostrati dai pazienti COVID-19, come ad esempio la perdita della sensibilità facciale e il mal di testa.


Prove crescenti indicano che l'infezione da SARS-CoV-2 può causare anosmia in una grande percentuale degli individui infetti. I meccanismi cellulari e molecolari alla base di questo effetto rimangono in gran parte sconosciuti. 

I neuroni sensitivi olfattivi non sono probabili candidati per l'infezione da SARS-CoV-2 poiché mancano dell'espressione dei fattori di ingresso virali La perdita dell'olfatto può essere tuttavia attribuita a danni virali ad altri tipi di cellule epiteliali. Le cellule di supporto non neuronali, le cellule basali orizzonatali e le cellule della ghiandola di Bowmans sono dotate delle proteine ​​di ingresso virale e, pertanto, potrebbero essere bersagli per l'infezione e la replicazione di SARS-CoV-2.

Questi tipi di cellule fungerebbero da serbatoio di replicazione virale che causerebbe danni cellulari e infiammazioni ed infine l'interruzione della funzione dei neuroni sensoriali olfattivi. Sono necessari lavori futuri per verificare se il virus è in grado di infettare direttamente gli OSN utilizzando recettori alternativi e/o se è in grado di entrare nel cervello per via olfattiva o trigeminale, anche se in un numero limitato di casi.

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Viral infection and smell loss: The case of COVID-19

Isaias GlezerAlexandre Bruni-CardosoDeborah SchechtmanBettina Malnic

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